E’ un lunedì mattina di febbraio, la temperatura è un po’ rigida, tuttavia si preannuncia una giornata piena di sole. Quando il tempo è così limpido, passeggiare lungo l’Arno e attraversare il loggiato degli Uffizi diventa ancora più piacevole.

Sono con un gruppo di colleghe e questa mattina, a porte chiuse, ci aspettano alla biblioteca degli Uffizi.

Salgo insieme a loro lo scalone degli Uffizi che conduce al primo piano fino all’ingresso della biblioteca, dove ad attenderci, troviamo la responsabile che ci introdurrà alla storia di questo luogo.

All’ingresso chi arriva è accolto da due ritratti in marmi policromi: sulla destra è collocato il profilo di Antonio Magliabechi, a sinistra Anton Francesco Marmi.

Entrando resto letteralmente affascinata dal grande salone e dal soppalco su cui poggiano gli scaffali colmi di volumi fino al soffitto, dalle grandi finestre di forma circolare che illuminano questo ambiente.

Ma andiamo con ordine e cerchiamo di comprendere come è nata la biblioteca degli Uffizi e se è ancora corretto chiamarla Biblioteca Magliabechiana.

Nel salone che oggi ospita la biblioteca, sorgeva un tempo quello che era chiamato il teatro di Dogana o teatro di Baldracca, dal nome del quartiere piuttosto equivoco in cui si trovavano osterie e bordelli, dove gli attori della compagnia di giro erano soliti esibirsi. Questo tipo di teatro vedeva impegnati gli attori della Commedia dell’Arte, i quali con i loro spettacoli giocosi e irriverenti si contrapponevano alle rappresentazioni di più alto spessore che si tenevano presso la corte medicea. Tuttavia, i Medici non disdegnavano il divertimento e assistevano agli spettacoli del teatro di Dogana, utilizzando un passaggio segreto che consentiva loro di guardare, ma di non essere visti.

Le rappresentazioni della Commedia dell’Arte si svolsero in questo ambiente dal 1573 al 1653 circa, successivamente con la creazione dei teatri stabili come la Pergola e il teatro del Cocomero o Niccolini, si spostarono in questi ultimi.

Biblioteca degli Uffizi

In fondo al salone domina il busto di Antonio Magliabechi ed una lapide a lui dedicata.

Ma chi era costui?

Antonio Magliabechi era nato nel 1633 e divenne un importante erudito e bibliofilo e fu anche bibliotecario di Cosimo III che gli affidò la biblioteca Medicea Palatina di Palazzo Pitti. Abitava in via della Scala e durante gli ultimi anni della sua vita chiese di essere curato dai domenicani di Santa Maria Novella. In parte presso la sua abitazione e in parte presso Palazzo Vecchio aveva raccolto circa 30.000 di cui era molto geloso e che alla sua morte volle destinare alla creazione di una biblioteca di pubblica lettura, «a beneficio universale della città di Firenze».

Di fatto la Biblioteca Magliabechiana apre al pubblico nel 1747, non senza difficoltà a 33 anni di distanza dalla morte di Magliabechi.

I curatori testamentari dell’erudito fiorentino furono Anton Francesco Marmi e Lorenzo Comparini. Il primo  oltre al occuparsi del riordino dei 30.000 volumi, decise di prendere in affitto il locale del teatro di Dogana e ingaggiò Giovan Battista Foggini per cambiare la destinazione d’uso di tale ambiente, al fine di renderlo quindi adatto ad ospitare dei volumi e alla loro consultazione. L’architetto Foggini si adoperò per raggiungere questo fine e decise pertanto di aprire due grandi finestre circolari, una sul lato nord e una sul lato sud del salone. Decise quindi di creare un ballatoio e la scala per raggiungerlo, nonché gli scaffali e le balaustre.

Per la decorazione parietale Anton Francesco Marmi coinvolse Rinaldo Botti il quale realizzò delle quadrature a monocromo che dovevano avere un programma iconografico con intento moraleggiante, come del resto ricorda anche l’iscrizione sul cartiglio da cui si evince che tale luogo veniva trasformato da teatro istrionico a teatro di sapienza.

Dettagli delle quadrature di Rinaldo Botti Le quadrature del Botti a destra della scala, mostrano l’allegoria della Sapienza che scaccia una figura succinta, cioè la figura di Lascivia accompagnata da un amorino.

A sinistra della scala invece troviamo la figura dell’Eloquenza incoronata e attorniata da Filosofia, Teologia Diritto e Religione.

Per il ruolo esercitato in questa vicenda il Marmi è stato considerato il secondo padre della biblioteca, anche se dopo un primo ordinamento la biblioteca non era ancora pubblica, all’inizio venivano ricevuti suoi conoscenti.

Le difficoltà di attuazione delle volontà testamentaria del Magliabechi erano di natura economica, in quanto il lascito elargito non era sufficiente a coprire tutte le spese necessarie al mantenimento della biblioteca. Pertanto nel 1734 il Marmi scrisse una supplica a Gian Gastone de’ Medici, in cui chiedeva di essere sollevato dal pagamento dell’affitto alla Dogana, e di passare la biblioteca sotto la sua tutela.
Dopo qualche anno nel 1736 il Marmi morì, lasciando 8.000 libri, a condizione che non venissero incamerati da enti ecclesiastici, altrimenti sarebbero andati ai suoi eredi.
A Natale del 1736 Gian Gastone de’ Medici trasformò in legge la supplica del Marmi.

Come è noto nel 1737 venne a mancare Gian Gastone, ultimo discendente maschio della dinastia medicea, che con la sua legge promosse la nascita di una biblioteca di pubblica lettura, una delle prime in Italia, e Francesco Stefano di Lorena, suo successore, non fece altro che ratificare la decisione di chi lo aveva preceduto.

Dopo l’Unità d’Italia, la Biblioteca Magliabechiana, per volere del ministro della Pubblica Istruzione Francesco De Sanctis, fu unita alla Biblioteca Palatina andando così a dare vita alla Biblioteca Nazionale Centrale e nel 1935 dopo la costruzione dell’edificio destinato ad ospitare quest’ultima, la Biblioteca Magliabechiana traslocò in piazza dei Cavalleggeri, svuotando 3 palazzi.

Soltanto negli anni Novanta, grazie ad Antonio Paolucci si promosse il restauro del salone per ripristinarne l’aspetto settecentesco. Si stabilì anche di spostare qui la biblioteca che riguarda la storia degli Uffizi e degli altri musei fiorentini, precedentemente accanto al gabinetto disegni al primo piano. Pertanto la Biblioteca degli Uffizi si trova nella ex Biblioteca Magliabechiana.

Tra i volumi presenti nel fondo bibliotecario, è stato possibile osservare la seconda edizione giuntina delle vite del Vasari edita nel 1568 . Con Le Vite Giorgio Vasari inventa un genere letterario che avrà ampio successo, ovvero la parte biografica scritta in italiano e preceduta dal ritratto dell’artista.

Seconda edizione delle Vite del Vasari, pubblicata nel 1568

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