Forme Fertili, ovvero come nasce una mostra d’arte

Forme Fertili, ovvero come nasce una mostra d’arte

Scrivere e parlare di arte con Valerio Calonego, un amico d’infanzia che è diventato un artista e mi ha chiesto di presentare la sua mostra dal titolo Forme Fertili. 

Nell’avvincente dialogo avuto con Valerio, ho cercato di ricostruire l’incipit della sua ricerca. Questo quanto mi ha raccontato:

“Ali di farfalla, tutto parte da qui.

La ali di farfalla sono inconsistenti, cosparse di un pulviscolo, perfette benché siano effimere, in quanto la farfalla vive solo un giorno. Ed anche se ha vita breve, la perfezione è raggiunta in questo essere”.

Valerio Calonego avverte una fascinazione per gli oggetti leggerissimi e meravigliosi. Secondo lui infatti, le ali segnano un passaggio, il volo di farfalla serve per sedurre e per accoppiarsi, è un volo della fertilità.

La fertilità nasce dall’incontro tra il principio femminile e il principio maschile.

Come espressione del principio femminile, è intesa la crisalide, simile ad un utero.

Le forme uterine sono simboli femminili, uteri, vagine, antri, porte che al di là della sessualità hanno la funzione della fertilità, cioè la capacità di continuare a creare bellezza.

Esiste una tensione verso l’eternità, anche se l’eternità non appartiene all’essere umano, tuttavia attraverso il principio maschile e femminile l’uomo conserva questa energia creatrice.

Un altro animale preso a prestito dalla natura è il pesce, simbolo di dinamicità, è un veicolo, è il maschile che esplora e cerca la porta della sessualità, da cui scaturisce un’energia potentissima e creatrice, stati d’animo ed emozioni.

La terra è soltanto un granello infinitesimale nell’Universo, tuttavia l’uomo è attraversato da una mania di protagonismo che lo induce a sentirsi il centro dell’Universo e non gli permette di guardare. L’uomo con questo atteggiamento perde la sua capacità di vedere, di scorgere la perfezione della vita e della creazione, della fertilità negli esseri e nella natura che lo circonda. È quasi come se perdesse la percezione del vedere qui e adesso, e si appoggiasse a una tradizione che filtra la realtà e priva l’uomo della sua possibilità di partecipare al processo creativo.  L’uomo che riesce a vedere si stupisce di fronte alla Natura, ad esempio contemplando un’arancia.

L’arancia ha un colore meraviglioso, racchiude in sé il concetto di abbondanza, di dono, è un frutto dolce e aspro, succoso e dissetante. La polpa è protetta da un guscio, da una pleura bianca, è puro ingegno.

Come afferma James Hillmann nella sua teoria della ghianda, nella ghianda c’è già in potenza la quercia. In questo frutto così piccolo, è già racchiuso l’albero della quercia

Ogni essere viene al mondo con una forma interiore che deve essere realizzata, la felicità consiste proprio nel realizzare questa forma.

Si tratta di una sorta di predestinazione, il seme contiene già tutto, nell’invisibile sta il principio delle cose.

Come la crisalide, così è il ventre materno nel quale il bambino cresce e si nutre, e una volta uscitone è come la farfalla contiene in sé la vita, almeno fino alla morte. Ma chi ha detto debba trattarsi di morte, non potrebbe essere un nuovo inizio?

La natura ti sorprende con la sua perfezione e bellezza e ti dice perché ti preoccupi?

La natura non ha in sé il concetto né di vita né di morte, nella foresta equatoriale la marcescenza e la vita convivono nello stesso luogo. La nostra cultura tende ad eliminare la morte, estraniandola dal processo della vita, facendola percepire come un elemento estraneo, essa è invece parte della vita.

La natura è una maestra che ci insegna a tale proposito a considerare morte e vita come due facce della stessa medaglia. Più l’uomo si distacca dalla natura e più ha paura della morte, percependola sempre più estranea.

La vibrazione, il battito è il primo elemento della vita, anche quando la forma non è ancora definita.

Alla vibrazione si collega quindi anche la musica, che esiste prima della vita e del corpo, è la manifestazione dello spirito e dell’essenza.

Nella musica e soprattutto attraverso il Jazz trova spazio questo battito primordiale e Valerio riesce ad esprimerlo suonando il sassofono, esplorando così un altro canale espressivo.

La mostra è ospitata presso lo Spazio Brick in via Faentina 105/B Firenze.

 

 

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