Prato tra il lusco e il brusco

Prato tra il lusco e il brusco

In Toscana, come del resto in tutte le città italiane, esistono molti  modi di dire e espressioni dialettali che rendono il modo di parlare più caldo e vicino alle persone.

Probabilmente non hai mai sentito questa espressione, tra il lusco e il brusco, o forse sì.

E’ mattino presto di quella che sarà una bella giornata primaverile, un po’ fresca, ma la luce è già cambiata e siamo proiettati verso la bella stagione.

In queste giornate un po’ ventose e soleggiate mi piace camminare per le strade della mia città: Prato. 

Il centro storico mi ha sempre affascinato e quando ho la possibilità di tornarci, mi piace ripercorrerne le strade, le viuzze, i vicoli.

Con lo sguardo accompagno i profili delle case, dei palazzi e delle chiese che la compongono, i colori dei materiali, l’eleganza e la sobrietà.

Davanti ai miei occhi scorrono secoli di storia e momenti di contemporaneità, già perché Prato non è rimasta ancorata al suo passato, ma è sempre stata all’avanguardia ed ha colto molti aspetti della contemporaneità.

In questa città convivono edifici medievali accanto ad installazioni contemporanee e questo accade senza che l’armonia ne sia turbata, tutt’altro la vetustà è completata dalla contemporaneità.

Pertanto non stupisce trovare addossata all’ultima cerchia muraria medievale edificata nel XIV secolo, un’opera contemporanea come il mazzocchio realizzata nel 1994 da Ben Jakober e Jannick Vu ispirandosi ai grandi maestri del Rinascimento come Paolo Uccello e Leonardo da Vinci.

Tuttavia se mi chiedi qual è la mia piazza preferita non ho dubbi, si tratta di Piazza del Comune, il cuore della città. Questo non soltanto perché qui trova sede la municipalità di Prato, quanto perché questo luogo sortisce un vero e proprio effetto sorpresa su chi non consce la città.

Che si arrivi da Piazza del Duomo, già incantevole o da Piazza san Francesco, sembra di trovarsi sul set di un film ambientato nel Medioevo.

Tuttavia andando oltre le apparenze Piazza del Comune a Prato rappresenta molto di più.

Il territorio dell’attuale città fu oggetto della centuriazione romana, ovvero fu diviso secondo un sistema ortogonale di strade, canali, terreni. A partire del IV secolo i Romani compivano questa opera di razionalizzazione prima della fondazione di una nuova colonia.

Ed era proprio quello che stava avvenendo, l’attuale via Ricasoli costituiva il cardus maximus e l’attuale via Guasti era invece il decumanus maximus. Ben saprai che i Romani erano metodici, quando si apprestavano a fondare una nuova città, adottavano un sistema consolidato che reiteravano, adattandolo saggiamente alle peculiarità del territorio. Del resto si sa, carta che vince non si cambia!

Guardando la fontana che è posta in mezzo alla Piazza, possiamo trovare il punto esatto di incrocio di questi due assi viari.

A questo punto lo sguardo abbraccia altri due edifici, a sinistra della fontana trovi il Palazzo Pretorio, attualmente sede della pinacoteca cittadina e a destra il Palazzo Comunale.

Partiamo dal Palazzo Pretorio il cui nucleo più antico furono alle antiche case dei Pipini acquistate nel 1284 per farne la sede delle magistrature forestiere quali il Podestà e il Capitano del Popolo, ma anche la sede del Tribunale e delle prigioni.

A prima vista guardando il Palazzo Pretorio si nota la discontinuità dei materiali costruttivi, una parte totalmente in pietra alberese con bifore e nicchie medievali ed una parte invece in materiale misto, composto da pietra alberese e laterizio.

A destra del Palazzo Pretorio, emerge il Palazzo Comunale, costruito nella stessa epoca, anche se il rifacimento settecentesco ne cela in parte la struttura medievale.

I due palazzi erano collegati da un ponte sollevato sulla strada, vi erano sicuramente un teatro e un postribolo. Tra i due palazzi trionfa il monumento a Francesco Datini, vero e proprio padrone di casa. Un uomo che fu figura emblematica di un’epoca e di una città.

Grande e instancabile imprenditore, tiene in mano la lettera di cambio, un titolo creditizio che permetteva di anticipare denaro ai suoi collaboratori che operavano sui mercati battenti bandiera straniera.

Su questa piazza fu creata una delle fontane che amo di più, ovvero la fontana del Bacchino.

Amo il riverbero dell’acqua sul volto del giovane Bacco soprattutto in estate, ne movimenta i tratti e sembra quasi che la sua risata diventi sonora e vibrante.

La fontana realizzata fu commissionata a Ferdinando Tacca per un evento: l’istituzione della diocesi di Prato nel 1653. Anche Prato aveva un proprio vescovo e la neonata, giovane diocesi trovò espressione in questo bambino che gioca con gli zampilli d’acqua. Un bell’augurio, non credi?

Spero che la stessa euforia e vitalità ci accompagnino nei mesi a venire e che i pratesi che si sono sempre risollevati da mille difficoltà, riescano a farlo anche questa volta. In bocca a lupo Prato!

A proposito non ti ho ancora detto cosa vuole dire tra il lusco e il brusco. Sta a indicare quella condizione di luce incerta che si verifica al mattino presto o la sera verso il tramonto.  Lusco è una parola che deriva dal latino e sta a significare cieco, orbo. Brusco invece sta indicare la luce incerta del crepuscolo.

Adesso hai capito in quale momento ho visitato Prato? Un momento magico in cui puoi dare spazio alla tua immaginazione.

 

2 Comments
  • AurElio La Rosa
    Posted at 11:54h, 12 Agosto Rispondi

    “Lusco” e’ la spazzola fitta, mentre “brusco” e’ quella più grossolana e meno fitta che lo stalliere tiene una nella mano destra l’altra nella mano sinistra contemporaneamente, con le quali spazzola il mantello del cavallo seguendone il verso, facendo precedere il “brusco” al “lusco”, portando in superficie e rimuovendo tutte le impurità (pagliuzze, ecc.) che si erano infilare tra i peli del mantello. Il movimento delle due mani ovvero delle due spazzole e’ come quello delle due spazzole del tergicristallo di un’auto che si inseguono sul parabrezza da sinistra a destra. L’intervallo di tempo del passaggio sullo stesso punto del parabrezza delle due spazzole e’ infinitesimale, come quello che intercorre tra il passaggio del “brusco” e del “lustro”, tanto che “tra il brusco e il lustro” e’ diventato sinonimo di “in un attimo”, cioè un’azione o un evento che si verifica in un attimo. Lo sanno tutti quelli che fanno equitazione, mentre la gente comune, una volta, non capiva da dove derivasse tale frase “idiomatica”, ma la usava appropriatamente, invece, oggi, la frase e’ caduta in desuetudine, figurarsi il comprenderne il senso corretto e da dove derivasse il suo uso. Cordialità. Elio La Rosa.

    • Silvia Iovino
      Posted at 18:08h, 13 Agosto Rispondi

      Elio La Rosa, la ringrazio di questa precisazione che dà una spiegazione efficace dell’espressione tra il lusco e il brusco
      Amo molto ritrovare i modi di dire e le loro radici che molto spesso riguardano la vita pratica e successivamente acquisiscono un significato astratto.
      Era mia intenzione, in quanto scritto, illustrare cosa si può visitare a Prato in un lasso di tempo ridotto, proprio tra il lusco il e il brusco!
      Cordialmente,
      Silvia Iovino

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